ACI – Guardare il telefonino per 1″ a 50 Km/h equivale a guidare per 13 metri al buio

ACI: ancora troppi gli incidenti sulle nostre strade con ferimenti e decessi. Inosservanza delle norme del Codice, eccessi di velocità, distrazioni le cause più frequenti. Educare al rispetto e alla responsabilità la prima prevenzione. Si punta molto su “Safe System” per ridurre la pericolosità. Intervista con l’ing. Luigi Di Matteo dell’Area Professionale Tecnica ACI.
La sicurezza e la riduzione della mortalità viaggiano in parallelo con l’educazione, il rispetto delle norme del Codice, controlli più puntuali e regolari dei comportamenti di chi guida, specialmente della velocità, dove avvengono molti abusi. In Svezia ci sono le strade più sicure d’Europa, anche la Spagna figura tra i modelli per la sicurezza stradale: Bilbao ad esempio è stata la prima città sopra i 300 mila abitanti a imporre il limite dei 30 km sulla propria rete stradale. E sempre in Spagna il tasso di mortalità per incidenti stradali dal 2010 al 2021 è sceso dal 53,3% al 31,8%. L’Italia figura al 13° posto. Nel 2021, anno ancora anomalo dopo il 2020 segnato dal lockdown, nel nostro Paese sono morte 2.875 persone, ci sono stati 204.728 i feriti in 151.875 incidenti. E la metà delle vittime si è registrata tra gli «utenti vulnerabili»: i pedoni, i motociclisti e chi si muove in bicicletta.
Qualche miglioramento va riconosciuto che c’è stato: molti addetti ai lavori auspicano tuttavia una decisa accelerazione nell’ambito della sicurezza per tutti, in linea con quanto si fa un po’ dappertutto nel resto d’Europa. Abbiamo posto alcune di queste tematiche all’ing. Luigi Di Matteo, dell’Area Professionale Tecnica ACI a Roma.
Ing. Di Matteo, non è che stiamo andando un po’ a rilento in Italia, dove le strade continuano a rimanere troppo pericolose sia nei centri urbani che fuori? L’Unione Europea fissa l’asticella dell’obiettivo “sicurezza stradale” a zero vittime nel 2050: possibile o utopia?
La mortalità nel decennio 2010-2020 si è ridotta di circa il 42% ed ha sfiorato l’obiettivo del dimezzamento previsto da Bruxelles. Per il prossimo decennio l’UE impone un’ulteriore riduzione del 50%: nessuno ha idea se sarà possibile raggiungerla ma abbiamo il dovere morale di provarci. Nel 1970 in Italia c’erano più di 11.000 morti l’anno: siamo scesi a 2.875 l’anno scorso. L’esperienza ci insegna che di fronte ad un obiettivo ambizioso ci impegniamo di più.
Quasi 4 incidenti su 10 sono provocati da distrazione, mancato rispetto della precedenza o velocità troppo elevata, manovre irregolari, mancato rispetto della distanza di sicurezza, mancata precedenza al pedone. Cosa si può fare?
Servono, soprattutto, educazione stradale e senso civico, bisogna evitare quei comportamenti pericolosi che provocano distrazione. Avere la consapevolezza che da una guida scorretta possono derivare eventi mortali. Al volante si effettuano, ormai, operazioni cosiddette “multitasking” che però ci fanno guidare senza avere lo sguardo sulla strada e su quanto succede intorno. A 50 km/h un secondo di sguardo sullo smartphone significa come guidare per 13 metri “al buio”.
C’è anche la segnaletica che ha la sua non trascurabile importanza nella sicurezza sulle strade…
Di più: è fondamentale! Oltre alla corretta apposizione, è necessario evitare che ci siano messaggi confusi: generano nell’utente della strada un comportamento indeciso che può provocare anche gravi conseguenze.
Altri aspetti da considerare in materia di prevenzione, secondo la sua esperienza?
Contro l’abuso di alcol e l’assunzione di droghe si impone una prevenzione primaria. È necessario, ovviamente, intensificare i controlli, ma bisogna, soprattutto, intervenire sui giovani nelle scuole attraverso programmi di educazione stradale, mirati ad accrescere la consapevolezza che per guidare bisogna assolutamente essere nel pieno delle proprie capacità psico-fisiche.
Anche il lessico andrebbe corretto: si parla ancora di “strade killer” e auto “impazzite”. Forse a tutto bisognerebbe anteporre la responsabilità…
I nuovi criteri di progettazione puntano al cosiddetto “Safe System” per ridurre la pericolosità del sistema stradale: non escludendo l’errore umano, pone l’accento sulla necessità di una combinazione a più livelli di misure per scongiurare conseguenze estreme dovute a tali errori, tenendo conto della fisica della vulnerabilità umana. Ad esempio, una migliore costruzione dei veicoli, un’infrastruttura stradale più avanzata e velocità inferiori sono fattori che tutti insieme possono contribuire a ridurre gli effetti degli incidenti. Nel loro complesso, i livelli di protezione dovrebbero essere tali da garantire che, qualora uno di essi venisse meno, un altro ne compenserà l’assenza, così da evitare gli esiti più malaugurati.
Fonte e foto: Automobile Club Bergamo
https://bergamo.aci.it/

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